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"IL MOSTRO DI FIRENZE" VINCITORE DEL PREMIO STREGA 2022 SECONDO CRITERI LETTERARI ED ESTETICI.

 

H- Come Hitler vedeva i suoi Tedeschi

Un libro enigmatico e serenamente terribile.
 


Un'altra interessante recensione

Una pregnante recensione

 

La reazione di Franco Cardini :

Quando il giudizio su un vinto è pesante, la storia s'incarica sempre di alleggerirlo: è una regola inflessibile. Ma nella fattispecie su Hitler si è impiantata una sorta di teologia e di metafisica della storia: modificare anche minimamente il giudizio si può, ma solo per appesantirlo. Altrimenti s'incorre in una scomunica civile. In queste condizioni, il lavoro dello storico è impossibile. Per poterlo fare sarebbe necessario solo rinsavire.

Il commento di Gianluca Massimini :

La riflessione proposta dal Prof. Cardini mi sembra molto significativa. Riconosce tutto il valore di un libro come H, delle intenzioni che ne sono alla base, e del suo autore. Se in merito all’argomento trattato il lavoro dello storico è impossibile, anche per motivi interni alla disciplina stessa, diverso è però il ruolo del letterato, e dell’arte, che fa della libertà d’espressione e della proposizione di sguardi alternativi al sentire comune uno dei principi costitutivi del proprio essere.

 

Una significativa intervista

 

Il dibattito su Avvenire

La recensione di Vito Punzi

La replica di Johann Lerchenwald e la risposta alla stessa di Vito Punzi

Per comprensibili motivi di spazio, il noto paradosso è rimasto purtroppo irrisolto. Il professore ammette, infatti, che l’assimilazione degli Ebrei fosse in Germania particolarmente progredita, per ritornare poi ad enumerare personaggi e fatti incontestabili, ma che nulla tolgono alla tragica verità che fu Hitler a volere l’Ebreo come figura nemica (Feindbild) e capro espiatorio, mentre senza di lui non ci sarebbe stato olocausto né in Germania  né tanto meno in Europa. Come Lerchenwald ci mostra, questo flagello dell’umanità era originariamente tutt’altro che antisemita, ma, a un certo punto, esperienze fatte a Vienna e un grande cinismo acquisito durante la Prima guerra mondiale lo spinsero a dichiararsi tale per calcolo. Se l’Ebreo non ci fosse, bisognerebbe inventarlo, diceva. I Tedeschi, invece, che misero in atto persecuzioni e sterminio, e questa è un’altra tragica verità, per la maggior parte non furono spinti da sentimenti antisemitici, ma da un disumano senso del dovere.

 

Altre interviste

 Lisa Zillio - Icrewplay.Libri

https://libri.icrewplay.com/intevista-johann-lerchenwald-su-libro-hitler/

Gabriele Ottaviani - Convenzionali

https://convenzionali.wordpress.com/tag/h/

 

Altre recensioni

Lisa Zillio su Icrewplay.Libri

https://libri.icrewplay.com/h-come-hitler-vedeva-i-suoi-tedeschi-rece/

Gianluca Massimini su LANKENAUTA

https://www.lankenauta.it/?p=19212

Francesca Barile su Sololibri

https://www.sololibri.net/h-Come-Hitler-vedeva-i-suoi-tedeschi-Lerchenwald.html

Giovanni Sessa su Heliopolis Edizioni

https://heliopolisedizioni.com/rivista-scuola-romana-di-filosofia-politica/518-hitler-tedeschi-sessa.html

 

Ne ha scritto Lodovica San Guedoro:

E' erroneo e limitativo considerarlo solo un romanzo storico, di cui pur possiede le migliori qualità, prima fra tutte l'accuratezza  della documentazione e la sua non meno accurata interpretazione e organizzazione. Ed è erroneo considerarlo solo un romanzo psicologico, di cui pur possiede lo sguardo introspettivo e analitico, e nei confini del quale consegue i più lusinghieri risultati di profondità, essenzialità e verità. E' limitativo persino sottolineare il suo merito pionieristico, "gli riesce di spingersi oltre il gran deserto di ciò che sfugge all’umana comprensione", dice Gianluca Massimini. Perché, abbandonandosi, in "H- Come Hitler vedeva i suoi Tedeschi...", si scopre sempre più, con felicità,  la sua qualità primaria, che è quella letteraria: uno stile di stendhaliana limpidezza, purezza e semplicità. L'apparente impassibilità e la tragica ironia dell'autore hanno la naturale, spontanea funzione di raffreddare il pathos drammatico sempre latente.  Il ritmo narrativo, vibrante, serrato, talvolta vorticoso, apparenta "H" più che al romanzo al dramma, di cui possiede le dritte linee fatali precipitanti verso la conclusione tragica.  E, al di là di questo, sensibilità e vitalità lo distinguono da ogni altro libro che sia stato scritto su Hitler.

 

LODOVICA SAN GUEDORO LEGGE HITLER

OVVERO IL CAPITOLO XXIV DEL ROMANZO DI
JOHANN LERCHENWALD "H. - COME HITLER VEDEVA I SUOI TEDESCHI",
DA LEI TRADOTTO.

https://www.youtube.com/watch?v=QnO96eOVHpk

 

 

 

E’ con grande sovranità che Johann  Lerchenwald smaschera, passo per passo, la pietosa ridicolaggine  del protagonista  con il suo stuolo continuamente crescente di seguaci, creando addirittura l’impressione che il destino stesso, con tutta la sua forza decisionale, si sia grottescamente inchinato al futuro Führer. Non so giudicare quanto questi aspetti siano nuovi, ma leggere un  libro così è un piacere.
Da una recensione su Amazon di "Hitler ... und wie er seine Deutschen sah" (H-Come Hitler vedeva i suoi Tedeschi)

 

LEGGERE TUTTI, gennaio-febbraio 2016

La Germania non è più il paese dei filosofi e dei pensatori, ma dei bugiardi

Stimolato da "Indignez-vous", pamphlet di Stèphane Frédéric Hessel, membro della Resistenza francese di origine tedesca, Johann Lerchenwald ha voluto fornire con "Elogio della sincerità" una prova sul medesimo tema, il diffuso disagio contemporaneo...

Per la recensione completa

 

La rivincita dei sentimenti: "Vent'anni prima"

Ti dà subito una piccola scossa il bel romanzo di Johann Lerchenwald Vent'anni prima, pubblicato da Felix Krull, l'editore di Monaco di Baviera che, con una meritoria operazione culturale, propone libri parallelamente in italiano e tedesco. Nella prefazione, firmata da Lodovica San Guedoro, si legge: "Ogni paese si merita il governo che ha. Ogni paese si merita la letteratura che ha. Nel lontano 1976 il Bel Paese si meritò un libro intitolato Porci con le ali, che di sicuro non era letteratura. Un libro sporco e sessista che fece molto rumore e, forse non lo si è rilevato, ingiuriò, offese, imbarazzò e respinse chissà quante anime – di diverse lo so per certo. E chissà quanti libri migliori non videro la luce in quegli anni, di uno lo so per certo: questo che avete appena aperto." Così apprendiamo che quell'editore respinse al mittente Vent'anni prima, reo, forse, di non contenere nemmeno una parolaccia e di raccontare una generazione dal punto di vista delle emozioni e delle speranze, piuttosto che da quello del sesso spiccio.
Partendo incuriositi da questo particolare, ci si immerge con il romanzo in un mondo che oggi sembra non essere mai esistito. Un mondo fatto di persone che leggono libri e giornali, che costruiscono da sé  rumorose macchine a vapore, che guidano motociclette ormai dimenticate e progettano di girare film in 16 millimetri. E' il mondo degli anni Settanta, vicino, ma ormai definitivamente asfaltato dall'era dei microchip, dei cellulari, dei tablet. Un mondo sotto i nostri piedi, come la cara terra, ma con il quale non c'è contatto. Un mondo diviso in Lire, Franchi e Marchi: la storia, tra amori e passioni dei giovani protagonisti, si tende tra tre Paesi e diventa un umoristico, spietato confronto. In Italia gli studenti si ammassano in piazza inneggiando a "Marx, Lenin, Mao Tse Tung". In Germania, dove la loro dose di Marx e comunismo l'avevano, si pensa invece più al lavoro che alla rivoluzione. L'Italia di ieri, comunque, appare, in un certo senso, molto simile a quella di oggi, come il centro di Roma: "Anche stamattina Largo Argentina si presenta sepolto sotto il consueto frastuono apocalittico, che s'innalza fino agli strati superiori del cielo ..." La Francia anche sembra essere rimasta lì, davanti al Louvre. La Germania no. Quella nazione povera con negli occhi ancora l'orrore di Dresda è diventata il motore d'Europa. E, leggendo questo libro, si capisce anche il perché.
Il Tempo, Antonio Angeli

...Un linguaggio (in Vent'anni prima) portatore di contenuti di rara bellezza sentimentale, quella tipica dei grandi artisti. La narrazione fa emergere atmosfere magiche, divise tra sogno e realtà, che si fondono perfettamente con la bellezza della città eterna...
Da una recensione scritta da Maria Gabriella Scuderi per la Gazzetta del Sud e rimasta impubblicata

"Vent’anni prima",
quando non di computer i giovani sapevano, ma di viole…

Un romanzo di formazione oggi? Nell’epoca dell’informazione? Nell’epoca della destrutturazione? Nell’epoca della dissoluzione? E, come se non bastasse, con al centro un giovane uomo e
una giovane donna, anziché l’unico protagonista maschile cui la letteratura del passato ci aveva avvezzati? Tanto può, evidentemente, ancor oggi e sempre lo scrittore, che avendo posto nell’eterna natura se stesso e il fondamento della sua arte, è anche in grado di sviluppare e superare il lascito dei suoi predecessori. E proprio simile colpo d’ala è riuscito a Johann Lerchenwald, autore tedesco nato a Roma da madre viennese e padre sassone
.
Questa volta  Lerchenwald ci ha fatto dono, che eccitante sorpresa!, di un suo romanzo giovanile, un’avventurosa  vicenda umana del post-sessantotto di tutt’altro genere e qualità da quelle finora conosciute, che con la sua incantevole freschezza, la sua impetuosità e acerba immediatezza, in contrasto solo apparente con le folgorazioni di una profonda saggezza connaturata,  con la sua stupefacente originalità di idee e angolazioni,  sarebbe stato di gran giovamento allora, ma può essere di gran consolazione oggi. E questo semplicemente perché ci fa sapere che, quando gli ideali si disfacevano in fanghiglia, quando le persone si decomponeva in chiacchiere e sciocchi esperimenti esistenziali, quando autorinnegarsi era l’abbracciata formula generale di sopravvivenza, esistevano anche due persone di sano intelletto e pura, incorruttibile volontà come Armin e Leda, gli eroi di questo romanzo. Ma questo romanzo, come si apprende nella prefazione, fu rifiutato dagli editori italiani, che gli preferirono dei libri moralmente e letterariamente scadenti.  Vent’anni prima, che potrebbe ben essere definito “l’anti-Porci con le ali”, è stato ora salvato dall’oblio per merito di Felix Krull editore, una casa editrice di Monaco di Baviera che fin dal 2006, anno di fondazione, persegue l’ambizioso obiettivo di offrire al pubblico  una letteratura contemporanea europea che, infrangendo la condanna dell’effimero, superi la barriera del tempo e viva oltre la stagione e la moda, lasciando un segno nelle coscienze. Una serie di leggiadri volumetti, in lingua originale tedesca o italiana o in traduzioni, sempre in queste due lingue, ha già avuto modo di sfilare nelle librerie, ad arricchimento degli spiriti più attenti e sensibili: tra questi Requiem di Arlecchino, Gli avventurosi Simplicissimi, Fedra e le mammine nei caffè, Diario di un cameriere, Philipp, oder die Freude an der Freiheit. Occorre aggiungere che l’accoglienza tributata a queste edizioni dalla stampa italiana è stata eccellente, e dei libri con l’olivetto se ne sono occupati, fra gli altri, il Corriere della sera, Il Tempo, Il Messaggero, Panorama e la Gazzetta del Sud.
Armin è un ragazzo tedesco nato a Roma; Leda una ragazza italiana innamorata della cultura tedesca. Due percorsi distinti d’iniziazione che una mattina  di disorientamento e pena esistenziale il caso fa miracolosamente incrociare tra gli edifici dell’università. Due energie elementari che si scontrano e si fondono, producendo molto più che amore: una forte, orgogliosa amicizia fra uomo e donna, un’alleanza tra due esseri umani, un patto di lotta che  li porterà ad affrontare con raddoppiate forze la sempre ostile agli individui realtà della vita e ad inventare una propria forma di vita, basata sulle leggi della cultura. Al pari di Wilhelm Meister, conoscendo il mondo, Armin e Leda conoscono se stessi; disincantandosene, s’incantano della sua essenza, e scoprono così la loro vocazione: l’arte. Il sostituto, in un certo senso, di una rivoluzione mancata.
I Vespri

Poetiche assonanze amorose

"Arminio e Dorotea" (Hermann und Dorothea) è un poema idilliaco scritto da W. von Goethe e che racconta la storia triste di due innamorati: in fuga lei dalla Francia in preda alla Rivoluzione de 1789; figlio lui di un oste tedesco con bottega sul Reno. Un amore voluto dal puro caso che lo fa fiorire sullo sfondo dei sommovimenti rivoluzionari preborghesi. Armin e Leda sono invece due giovani: tedesco l'uno, ma innamorato dell'Italia; e italiana l'altra, ma innamorata della cultura tedesca, che il puro caso fa incontrare nelle vicissitudini contestatarie del post '68, tra una manifestazione studentesca e le cariche della polizia sulle rive del Tevere... Vent'anni prima è scritto sui semplici ditirambi dell'assonanza amorosa, senza prurigini sessuali, ma col ritmo delle sole purezze amorose care al Klingsor di Novalis.
La Sicilia, Pasquale Almirante

La letteratura, soprattutto quando ha alle spalle una solida tradizione come quella di lingua tedesca, trae volentieri giovamento da modelli e tipologie. Si potrà dire che questo romanzo richiami alla memoria atmosfere e situazioni tipiche dei romantici tedeschi e di coloro che ad essi s’ispirarono ancora nei primi del Novecento. E tuttavia, accettando il rischio di inabissarsi in un mondo inattuale, se ne resta avvinti, fino a scoprire che una certa sensibilità e certi temi non possono mai dirsi superati. Güthlin è uno psicanalista che “il ricordo inconscio dell’assassinio della madre” rende d’improvviso prossimo alla follia. Resosi  protagonista di un omicidio del tutto gratuito, l’analista fa l’esperienza  di chi si sente “consegnato senza scampo al caos” che lo incalza. Lerchenwald conduce il protagonista tra ricordi d’infanzia, anelito all’infinito, fino all’intuizione che dalla “rovina mentale” e dalla solitudine può salvare solo la scoperta di qualcosa per cui valga la pena di vivere.
Il Domenicale, Vito Punzi

Güthlin arriva a uccidere, ma gli spiriti di Johann W. Goethe e di Adalbert Stifter lo salvano, riportandolo a un anacronistico progetto di vita in una campagna tedesca che guarda illuminata alla Francia.
Silvia Tomasi, Panorama

La scrittura antiquata ha un fascino garbato ed elegante che subito cattura. Il racconto è permeato dallo stile e dalla morbosa atmosfera del romanticismo tedesco e non sfugge lo spessore letterario sostanziato da un’autentica compenetrazione dell’universo di Nietzsche, di Mann e soprattutto di Hesse. La turbata e turbolenta vita di Friederich Güthlin ricorda quella del protagonista del Lupo della steppa, mentre le virtù terapeutiche della natura, in cui, infine, approda Güthlin, rivelano la sua genealogia romantica che miracolosamente riaffiora con intrigante freschezza. E non manca nemmeno una deliziosa gattina che comprende la nostra lingua e sa anche leggere, incantevole reminiscenza da Tieck e da Hoffmann.
Il Messaggero, Marino Freschi

Johann Lerchenwald è un nome che non va dimenticato. Egli è l’inventore, il creatore della davvero emblematica figura del dottor Güthlin, emblematica  di una globalizzazione crudelmente livellante verso il basso.
Letzeburger Journal, Lussemburgo

Vorrei esprimere la mia gratitudine per la bellezza della Sua lingua tedesca. Mentre leggevo, ho pensato spesso: qui è detto quello che provo anch'io, ma lui ha trovato le parole giuste per dirlo. Ho dato il romanzo a mio padre. Qualche giorno dopo, quando sono andata a trovarlo, aveva già finito di leggerlo. Di solito l’umanità di oggi lui non la vede di buon occhio. Parlando del Suo libro era invece un continuo: Ah! e Oh!. Diceva: “Come fa uno così giovane a saperne già tanto della vita?” …
Dalla lettera di una lettrice all’autore

Se Le scrivo è,  prima di tutto, per farLe sapere che il Suo romanzo mi è piaciuto in modo straordinario. E’ fatale affezionarsi al Suo Friederich.  E questo non solo perché in ogni capitolo ci si immedesima con lui nella sua furiosa  ribellione contro la bruttezza di un mondo sempre più inumano, ma anche perché si partecipa con ansia al suo sforzo commovente, e forse, malgrado la sua vanità,  più che commovente, di dare un senso alla vita… Ma, oltre che per il  contenuto, ho apprezzato „Friederich Güthlin” anche per la lingua precisa e lo stile sicuro, che fa  tranquillamente a meno di tutti i giochetti modernisti correnti… Questo romanzo ha guadagnato alcuni ammiratori anche nella cerchia delle mie  amicizie, e, dopo le favorevoli reazioni di un ampio pubblico, non c’è nemmeno bisogno che gli auguri  il meritato successo.
Dalla lettera di un lettore all'autore

Tanto per la lingua quanto per le idee, questo romanzo è così maturo da far ritenere il suo autore più vecchio di quel che in realtà non sia,  e cioè appena sopra i quaranta… Il  fascino del libro, la sua estetica, sta nell’atterrire con dolcezza… E  questo durevolmente.
Kultur/News

Veramente strane le reazioni della stampa al tuo romanzo. Non l’hanno capito? Non l’hanno voluto capire? … Naturalmente tu hai scritto un libro in un certo senso “intempestivo” (ed è proprio in ciò che sta la sua grande qualità). Ma, a mio avviso, queste reazioni dimostrano solo l’incapacità dei critici di percepire il testo … In tale misura non mi era ancora mai capitato di riscontrarla.
Da una lettera dell’editore all'autore

L’outsider, nemico del suo tempo, è in realtà un vero piccolo-borghese. Ce lo dimostrano le sue percezioni che non sono poi tali. Perché egli cammina per la città, vedendo proprio quello, che i nostri pregiudizi tendono a volerci far credere.
Salzburger Nachrichten

Il maniaco-depressivo Friederich che, dopo aver abbandonato la professione di psicoterapista, ha evidentemente perso ogni capacità di introspezione e (auto-)analisi, è un potenziale amok runner.
Süddeutsche Zeitung

C’è quindi da chiedersi a cosa tenda l’insistente descrizione del nostro psicanalista, un uomo che resta stranamente impenetrabile,  e per quale misteriosa ragione la sua figura dovrebbe interessare.
Tages-Anzeiger

“Possibile che la gente di carattere, che i tipi umani meglio riusciti, dei quali egli conservava un chiaro ricordo, non si facessero più vedere in pubblico? Ma esistevano ancora?” Queste parole non sono né parodia né satira. L’autore le intende seriamente… La sofferenza – vuoi  d’amore, vuoi inflitta dalla vita o dal mondo – può essere a volte poeticamente feconda. Altre può causare la sofferenza di chi legge. Questa volta fa molto male.
Frankfurter Allgemeine Zeitung

Perché, lo voglia o no,  questo romanzo veicola via via sempre più le idee del dottor Güthlin, che finiscono così coll’assurgere a messaggi d’inquietante serietà.
Neue Zürcher Zeitung

I piccolo-borghesi ottusi e limitati sono sempre gli altri. Ma qui l’autore non prova neppure a stabilire chi siano questi altri. Nel dubbio, finiscono quindi con l’essere tutti.
Sächsische Zeitung